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CHA CHA CHA di Marco Risi

(Italia, 2013, 90’)
Regia: Marco Risi, sceneggiatura: Marco Risi, Andrea Purgatori, Jim Carrington, fotografia: Marco Onorato, musica: Franco Piersanti, interpreti: Luca Argentero, Eva Herzigova, Claudio Amendola, Pippo Delbono.

«Pur con ematomi, cicatrici e gli zigomi per una volta al posto giusto, non corna di rinoceronte come nei lifting, Luca Argentero si dibatte sporco e nudo integrale aggredito da sicari sotto la doccia (come Viggo Mortensen nella sauna nella Promessa dell’assassino) nella scena più cult, hard (boiled) del noir di Marco Risi dall’ironico titolo Cha cha cha, evocando sorpassi dell’Italia del boom, non a caso un passo avanti e uno indietro. Ballando ballando, come nel film di Sorrentino, al ritmo del romanzo criminale borghese di una Roma misteriosa, amorale, occulta dove due morti non accidentali – un cadavere “suicidato” che sembra la vicenda Castellari-Tangentopoli e un ragazzino centrato con l’auto all’uscita dalla discoteca – mettono in moto un giro dell’oca di sospetti e intrighi che intaccano con droga e altro il giro torbido della famiglia come nelle migliori occasioni di stupri e affini (il perfido mellifluo Pippo Delbono). Svela verità l’occhio privato del detective ex poliziotto Luca Argentero che, liberatosi dalla confezione del carino, ci mette sempre più grinta per proteggere l’ex fiamma e l’ex diva Eva Herzigova, mentre gli è ostile l’ex capo Claudio Amendola (sono tutti ex di qualcosa), simbolo di un’Italia arrogante, mai al di sopra di ogni sospetto: “che c… di Paese” dice. Film di genere quindi ben fatto, ben ritmato, ben scritto, con tanti rigagnoli di sottofondo sul paese malato che finisce in canzonetta, ballando con le stelle, secondo l’etica tv: cantare, cucinare e giocare a calcio. Scritto insieme a Purgatori,
complice di Muro di gomma e Fortapàsc, il thriller gioca su sorpresa e denuncia di un’Italia che supera sempre il senso comune del grottesco, ma senza nulla di didascalico, tutto è manovrato dall’interno psicologico sociale contorto e cinico e dal plus valore immobiliare, spesso illegittimo. È fredda e scivolosa la fotografia di Marco Onorato, l’ultimo lavoro che gli è stato giustamente dedicato.»
Maurizio Porro,
Corriere della Sera

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