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… E ORA DOVE ANDIAMO?

TRAMA In un villaggio isolato, sperduto nella guerra, convive pacificamente una comunità mista di cristiani e mussulmani. Una pace fragilissima che rischia di sgretolarsi il giorno in cui si recupera un’antenna parabolica e si riceve il segnale televisivo. Man mano che giungono le notizie sulle lotte religiose che imperversano il paese, nella comunità si cominciano a verificare strani eventi e in poco tempo, gli uomini, accecati dal razzismo verso la fazione opposta si fanno sempre più violenti ed intolleranti. Alle donne, da sempre, tocca solo accompagnare i feretri dei loro uomini al cimitero. Due religioni, doppio corteo. Veli o abiti neri. Le unisce solo il dolore. Ma è proprio questo dolore che le lega indissolubilmente, che supera tutti i punti di contrasto religiosi e crea una solidarietà femminile volta a distogliere mariti e figli dal desiderio di trasformare i pregiudizi in violenza. Grazie alla loro straordinaria inventiva, le donne, mettono in atto dei piani esilaranti, che riusciranno a scongiurare gli effetti collaterali di una guerra che, chissà ancora per quanto, appare distante. NOTE DI REGIA “Siamo figli dello stesso villaggio”. Figli dello stesso cielo, della stessa terra. Figli di donne. Che amano, che soffrono, che vivono e muoiono per amore. E le donne, protagoniste assolute, sono in questo spettacolo le portatrici di uno straordinario messaggio. Donne che non sono perfette, che hanno i loro cedimenti, le loro rivalità, le loro invidie ma sanno però, ogni volta, ritrovare quella ragionevolezza che gli uomini sembrano sempre pronti a perdere cedendo a provocazioni spesso infantili. In questo spettacolo, l’ironia, e la drammaticità vanno a braccetto. E’ un testo che fa pensare e riflettere, ma è allo stesso tempo ‘leggero’ e a tratti esilarante; è romantico e malinconico e a volte toccante. Un giusto mix di emozioni, che rende la storia che raccontiamo semplicemente straordinaria. A rendere speciale quest’avventura c’è la preziosa collaborazione di KATIA TUBINI, coreografa dell’associazione LES PETITS PAS, che, come me, è sempre alla ricerca di nuovi linguaggi e nuove sfide, ed ha accettato a scatola chiusa la proposta ed ha arricchito lo spettacolo con la presenza delicata e travolgente del suo corpo di ballo. E ovviamente la compagnia TIRACA, che è un gruppo meraviglioso di ‘esseri umani’ e che, come le donne della nostra storia, non è senza difetti, ma uno dei doni più grandi che mi ha lasciato in questi anni è proprio la tolleranza. L’amore per il diverso. L’accettazione nonostante tutto. E questo è proprio il messaggio che vogliamo lanciare con questo spettacolo. E’ possibile essere ‘umani’ oltre la fede? L’intolleranza non è più tollerabile. E forse una risata può seppellire l’integralismo.

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