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DAVIDE PELLEGRINI RACCONTA L'ALTRA FATAL VERONA

Alla radio domandavano che cosa sarebbe rimasto degli anni ’80. Non il Verona in Serie A, pensavi. Era l’ultima partita in casa della stagione, contro il Milan primo in classifica, campione d’Europa e del mondo. Quello degli olandesi e di Arrigo Sacchi. Quell’Hellas l’avevano messo in piedi con quattro lire, perché nelle casse del club non c’erano nemmeno più le bandierine gialloblù. Il 22 aprile 1990 doveva essere il giorno della condanna. Divenne quello della felicità degli uni e dei sogni frantumati degli altri. Ma le parti, al di là di qualsiasi ragionevole pronostico, si invertirono.
Avevano deciso che, se doveva finire così, non si sarebbero arresi da sconfitti. L’avrebbero fatto alla maniera di Butch Cassidy e Sundance Kid, armi in pugno a fronteggiare la gendarmeria boliviana a San Vicente. Erano dei bandoleros, erano il Verona, erano Verona. Una storia lunga quanto la traiettoria di un pallonetto. Quello che spedì il Diavolo all’inferno delle maldicenze, dei cattivi pensieri e di uno scudetto perduto. Ancora una volta, al Bentegodi. Non c’è stato solamente il 20 maggio 1973. C’è stata un’altra “fatal Verona”. E la libreria “Terzo Tempo”, con la collaborazione del sito specialistico www.hellas1903.it <http://www.hellas1903.it> , ve la racconterà insieme all’eterno ragazzo che, quel pallonetto, lo spedì in porta e cambiò la storia. Il suo nome è Davide Pellegrini, e questo è Verona-Milan 2-1: per chi l’ha visto e per chi non c’era. E per chi, quel giorno lì, inseguiva una sua chimera.

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